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Intervista esclusiva a Dani Enne per il nuovo singolo “Mine”
Intervista Dani Enne

Intervista esclusiva a Dani Enne per il nuovo singolo “Mine”

Dopo aver conosciuto Joey Defeat (cliccate qui per rileggere l’intervista), oggi vi presentiamo Daniele Natale, in arte Dani Enne, in rotazione radiofonica con il singolo “Mine”, pubblicato lo scorso 30 Aprile. Conoscetelo meglio nella nostra intervista!

 

Daniele Natale, in arte Dani Enne, nato a Reggio Calabria 1996, è un giovane artista, producer e cantautore. I suoi studi musicali iniziano quando aveva 11 anni grazie alla famiglia che gli fa prendere lezioni di pianoforte. In seguito si affaccia al mondo della produzione musicale, studiando da autodidatta.

 

Collabora con vari artisti emergenti e, negli anni, sente la necessità di comunicare altro, iniziando un suo percorso individuale di canto.

 

Nel 2020 entra nel progetto di Hoop Music. Nel 2022 realizza e produce la sua personale versione di “Figli delle stelle”, il grande successo di Alan Sorrenti. Continua i suoi studi e, nel frattempo, partecipa a vari contest, sia canori che legati alla produzione musicale, tra cui un contest ufficiale organizzato da Sony Music Italy. Il 25 Aprile 2023 arriva in radio il suo primo vero inedito “Ordigni”, seguito da “Deuterio”, per arrivare al 2024 con “Mine”.

Ciao Daniele, presentati ai nostri lettori.

«Ciao, sono Daniele Natale, in arte Dani Enne, ho 28 anni e amo produrre brani. Sono laureato in Infermieristica e, al momento, lavoro come infermiere in una struttura di psichiatria.»

 

Quando hai scoperto la tua abilità nella scrittura dei testi? E qual è stata la tua prima canzone?

«Ho scoperto di avere questa abilità quando le persone intorno a me hanno iniziato a farmelo notare. Fino a quel momento pensavo di scrivere cose banali, convinto che chiunque potesse fare lo stesso. Questo evento di ritrovata consapevolezza è avvenuto poco prima che iniziassi il mio percorso di studi presso Hoop Music.

 

Il mio primo brano significativo è stato “Ordigni”. Sebbene ne avessi scritto altri prima, questo lo considero come il punto di svolta. È stato il momento in cui ho potuto dire a me stesso “Okay, hai eliminato le imperfezioni. Sei completamente consapevole di ciò che vuoi dire e di come lo vuoi esprimere”. La difficoltà, spesso, risiede proprio nel modo in cui si dicono le cose. Non basta lasciarsi trasportare, perché ogni parola ha il suo peso e la sua importanza.»

 

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

«Le mie fonti di ispirazione sono varie e spaziano in diversi ambiti, poiché mi occupo personalmente di produrre le mie demo, prima di finalizzarle in studio.

 

A livello testuale, mi ispiro al genere cantautorale che, nel tempo, è forse andato perdendosi. Penso, per esempio, a figure come De André, De Gregori, Guccini. Cerco di giocare con immagini e metafore, ricerco spesso una metafora su cui riportare le mie emozioni e tutto il lessico ad essa legato. Evito inflessioni anglofone italianizzate, cercando invece un equilibrio tra la lingua italiana e il nuovo vocabolario urbano. Tuttavia, il mio stile tende a pendere decisamente verso un utilizzo più puro dell’italiano.


Dal punto di vista musicale, sono influenzato dalle composizioni di Paolo Buonvino, per citarne uno. Nonostante ciò, ho una forte predisposizione per la musica elettronica. Ho collaborato per anni con artisti che si occupavano di questo genere, tra DJ e amici appassionati. Anche qui, cerco di bilanciare le influenze per trasmettere un’emozione che risuoni all’unisono con l’effettistica e il mondo dei synth elettronici.
»

Intervista Dani Enne
Hai mai collaborato con altri artisti? Se sì, con chi?

«Nel 2023 ho avuto il piacere di collaborare con Christian Cambuca per la realizzazione del suo brano, che lo ha portato a vincere il prestigioso Premio Stefano D’Orazio.»

 

Potessi realizzare il duetto dei tuoi sogni con artisti di ogni era, invece, quale sceglieresti?

«Non è facile rispondere a questa domanda, poiché la scelta è estremamente ampia e potrei cambiare risposta all’infinito. Quando una domanda è così difficile, generalmente, mi lascio guidare dalla pancia, per cui direi Massimo Ranieri. Per me è indubbiamente nell’Olimpo della musica italiana: ogni suo brano è una hit senza tempo e, inoltre, è l’artista preferito di mia nonna.»

 

Nel 2022 ti sei lanciato nel mondo musicale pubblicando una tua versione di “Figli delle stelle”: perché la scelta di iniziare da una cover? E perché proprio questa cover?

«Ho deciso di pubblicare la mia versione di “Figli delle stelle” perché mi identifico profondamente con il testo, io stesso mi sento un po’ figlio delle stelle. Trovo che questo brano incarni perfettamente uno stile artistico e musicale nel quale mi sento completamente a mio agio, essendo cresciuto nell’epoca della dance ed elettronica.»

Nel 2023 sono usciti “Ordigni” e “Deuterio”, i tuoi primi singoli: che aspettative/paure avevi quando li hai composti? E quanto ti senti cambiato da allora?

«Quando sono usciti i miei singoli “Ordigni” e “Deuterio”, la mia più grande paura era quella di essere esposto. Ritengo che sia impossibile nascondere la propria essenza quando si scrive un brano. Si può parlare di tecnicismi, doti artistiche, tecnica vocale e capacità comunicative, ma è inevitabile che emerga qualcosa di personale, anche per il più indolente, cinico e apatico essere umano. Le mie aspettative erano poche, non nel senso negativo: da qualche anno ho smesso di crearmene e ho lasciato che il tempo faccia il suo corso. Mi piace ciò che faccio, quindi ho deciso che l’unica cosa che mi aspetto è di divertirmi lungo il percorso.»

 

Oggi sei tornato in scena con “Mine”, il nuovo singolo: come è nata l’idea della sua creazione e produzione? E che riscontro sta avendo col pubblico?

«“Mine” è nato prima del mio cambio di approccio: potrebbe sembrare un controsenso, considerando che parlo di “Ordigni” e “Deuterio” con maggiore consapevolezza e meno aspettative. Tuttavia, tutti e tre i brani risalgono allo stesso periodo di scrittura, momento caratterizzato da molte insicurezze ed obiettivi che sembravano essere a distanza siderale. Le mie aspettative erano quasi tutte negative e, spesso, mi sono sentito privato della mia libertà, a causa delle gabbie mentali che io stesso avevo costruito e che erano influenzate da un sistema che sembra premiarti solo quando fai bene e punirti severamente quando sbagli. Solo dopo averlo realizzato, accettato e compreso, ho capito che ciò che conta non è quello che il mondo ti dà, ma come reagisci a ciò che accade. Anche gli eventi negativi, qualche volta, hanno risvolti inaspettati, che possono portare alla crescita e al raggiungimento di nuovi traguardi.

 

“E resto fermo l’ultima volta, guardo il cielo splendere in mezzo alla pioggia. Poi faccio un passo e…” Questo outro non faceva parte originariamente del brano: è venuto dopo perché la sospensione finale suggerisce che quell’evento, che tanto temevi, in realtà non accadrà. Il pensiero di alzare il piede dalle mine e saltare in aria è, appunto, solo un pensiero negativo in cui rifugiarsi perché credi di conoscere solo questo, e poi invece ti rendi conto che non accadrà, che questa non è la fine. Per questo motivo il testo rimane sospeso: un segnale per far capire che, adesso, puoi andare avanti. Tutti possiamo andare avanti.

 

Sono davvero felice del riscontro positivo del pubblico. Ho ricevuto diversi feedback, anche sui social, da persone che hanno ascoltato il brano e si sono ritrovate nel testo.»

 

Un brano che parla di privazioni di libertà e regole. Ti sei mai sentito messo in gabbia?

«Onestamente, mi sono sentito spesso intrappolato, a volte in modo esplicito, il che ha contribuito a sviluppare un senso di inadeguatezza ed insicurezza.
Un esempio concreto risale alla mia infanzia, quando prendevo lezioni private di musica. La mia insegnante era molto rigida. La musica doveva essere un’ora di liberazione dal mio ambiente familiare, che all’epoca attraversava un periodo buio. In quel momento, preferivo già creare qualcosa di mio, anche se semplice come tre accordi ed una melodia scarna, ma dovevo sentirmi libero. Almeno in quell’ambiente protetto volevo trovare libertà. Ma non fu possibile perché, da un lato, vi era scarsa comprensione delle mie esigenze di espressione, dall’altro ero un bambino riservato e poco esplicito.


Questo è il motivo per cui il tema della libertà è così importante per me e, oggi, mi sento libero. Ho dovuto rivoluzionare il mio modo di agire e, ora, non permetto più a nessuno di controllarmi o limitarmi nelle scelte.
»

La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”. Ti sei lasciato ispirare da Gaber?

«Credo fermamente in questa frase e assolutamente sì, ci pensavo mentre lavoravo al brano. Perché la libertà non dovrebbe mai essere usata come una ragione o una scusa per ferire gli altri, per chiudersi in sé stessi, nel proprio spazio libero, o per ignorare il mondo e, di conseguenza, farsi male. Oggi c’è una tendenza verso l’egocentrismo e l’indifferenza altrui, alimentata dal sentimento diffuso che tutti stiamo male e che, quindi, il malessere sia inevitabile. Ma se c’è qualcosa di sbagliato nel mondo di oggi, è l’uso della libertà per elevare questo concetto, rinchiudendosi in un ambiente privo di interazione. Questa non è libertà: in realtà ti stai negando la libertà di vivere una vita piena di interazioni con il mondo.


Concedetemi questa affermazione, ma la vera libertà dovrebbe permetterci di mandare a fanculo chiunque ci faccia del male faccia a faccia. Invece noi che facciamo? Mandiamo a quel paese quelli vicini, quelli che ci amano e vogliono farci svegliare, i più deboli e vulnerabili a noi, poiché legati sentimentalmente… e caliamo la testa con tutto il resto del mondo. Questo, invece, ci fa notare fino a che punto siamo plagiati. Ci hanno convinto che sia meglio rimanere in silenzio, rinchiudersi in casa e comportarsi bene.

 

La libertà è una rivoluzione personale prima, e di gruppo dopo. Non è anarchia, non è violenta, ma è una rivoluzione giusta. Tuttavia, il tranello in cui molti cadono è che, oggi, ci consideriamo rivoluzionari solo perché scegliamo liberamente di isolarci, mentre coloro che restano fuori ne approfittano per costruire un mondo che esclude chi non vuole farne parte.
È fondamentale, secondo me, comprendere questo concetto perché anche io ci sono caduto. Se non vuoi far parte di qualcosa, non puoi aspettarti che gli altri ti comprendano. Se desideri essere compreso, devi lottare tu stesso.»

 

Oggi ti senti libero dalle catene della tua prigione mentale?

«Sì, oggi mi sento libero dalla mia prigione mentale.»

Intervista Dani Enne
Se, per descriverti a una persona che non ti conosce ancora, dovessi scegliere un tuo brano, quale sceglieresti e perché?

«Liberamente vi dico di ascoltarli tutti, non siate taccagni! 🙂


“Mine” se volete fare un viaggio più introspettivo e profondo. “Ordigni” se avete bisogno di gridare “ascoltatemi”. In “Deuterio” vi racconto quanto sia bello, nostalgico e intenso un istante, un ricordo di qualcuno, un momento in cui si parla d’amore. Perché, anche se può sembrare banale, l’amore è l’unico
“vincolo” che concepisco: è lì che c’è una libertà, nel sentirsi esplodere dentro guardando qualcuno. Quando hai il coraggio di affermare “tieni, ti do quello che ho di più importante al mondo, me e le mie libertà. Te le affido.”»

 

Quali difficoltà hai dovuto affrontare per ritagliarti il tuo spazio nel mondo musicale e cosa consiglieresti ad un artista emergente per farsi notare da una casa discografica?

«Affronto ancora difficoltà, ma ritengo che ognuno debba percorrere la propria strada a modo suo. Nella musica di oggi, per farsi notare, è essenziale essere onesti e sinceri con se stessi, prima di tutto. Se non lo sei, gli altri se ne accorgono subito. Oggi devi dare delle garanzie affinché qualcuno investa su di te, che siano economiche o, direttamente, la tua personalità stessa. È necessaria decisione, capacità di adattamento e perseveranza. È come lavorare per un’azienda: serve disciplina, capacità di analizzare le situazioni e spirito di intraprendenza.


Non nasconderti, non arrenderti facilmente. Puoi piangere a casa, sfogarti con qualcuno, ma quando torni al lavoro, devi dimenticare tutto, lasciare andare il dolore. Persevera e le cose andranno come devono andare. E alla fine, se le cose non vanno come previsto, puoi sempre tornare al punto di partenza: una spiaggia, un campeggio, una strada, il tuo piccolo studio… e goderti sempre le emozioni che ti hanno spinto ad iniziare questa avventura. Non perdere mai queste emozioni, altrimenti non riuscirai a fare nulla. E questa intenzione si percepisce al primo sguardo.

 

L’alternativa è investire economicamente e ottenere ciò che desideri pagando. Non giudico: sono scelte personali. Se qualcuno è fortunato economicamente e può investire in questa carriera, è giusto che lo faccia, se lo desidera. Personalmente, preferisco le storie di rivincita a quelle di
compravendita, ma capisco che è un mondo difficile.

La soluzione ideale sarebbe avere le qualità necessarie dal punto di vista caratteriale, oltre alla possibilità di investire economicamente: prima nello studio della musica e poi nella produzione dei tuoi brani, affidandoti a professionisti.»

 

Dove pensi che andrà la tua musica in futuro?

«Come dicevo, non mi creo aspettative: so che dovunque va lei andrò anch’io.»

Intervista Dani Enne

Scritto da: Rosaria Vecchio

Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.

Scritto da: Rosaria Vecchio

Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.

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