Dopo aver conosciuto Sque, giovane artista emergente, oggi vi presentiamo Giuliano Crupi, cantautore romano con un lunghissimo curriculum alle spalle.
Come nasce la tua passione per la musica?
«Nasce in casa, sin da piccolissimo.
Mia madre e mio padre sono entrambi appassionati di musica, rispettivamente pianista e chitarrista, non professionisti. Mia madre è più legata alla tradizione cantautorale italiana, mentre mio padre al jazz e alla musica classica.
Ricordo i viaggi in macchina verso il sud a cantare le canzoni di Battisti, De Andrè, Mia Martini con mia madre o la domenica mattina ad ascoltare i vinili di Vivaldi, Mozart, Armstrong, Davis, Bregovic con mio padre.
Sono stato fortunato ad avere due genitori così appassionati di musica. Ogni bambino, soprattutto oggi, dovrebbe crescere insieme alla musica e all’arte in generale, anche per “allenare” il senso del gusto, della bellezza e dell’estetica.»
Quando hai scoperto la tua abilità nella scrittura dei testi? E qual è stata la tua prima canzone?
«Ho sempre sentito la vocazione per il canto e la sensazione di benessere totale che mi provocava. La scrittura è arrivata successivamente – come necessità parallela – e, di conseguenza, provare a unire le due cose è stato un passo abbastanza spontaneo.
La prima canzone in assoluto la scrissi a 16 anni, del tutto acerbo e con conoscenze armoniche, melodiche o di scrittura molto basilari. Si intitola Mistero e mi fa sorridere molto quando la ascolto per la sua ingenuità e immaturità compositiva.»
È finita nel cassetto? L’hai incisa o regalata a qualche altro artista?
«L’ho incisa nel lontano 2005, insieme ad altre prime creature e le conservo ancora.
Chissà che un giorno non le farò uscire come bonus track di un album per le persone che mi seguono e mi vogliono bene.»
Ti piacerebbe scrivere per qualcuno?
«Sì, mi piacerebbe scrivere anche per altri artisti. È un mondo molto elitario e chiuso quello degli “autori di”, ma ci sto provando, anche con l’aiuto di amici addetti ai lavori e amici che già lo fanno di mestiere.»
Sappiamo che, nei primi anni di carriera, sei stato il front-man dei Viceversa: che ricordi hai di quell’esperienza? Hai mantenuto i rapporti con gli altri membri della band?
«Parallelamente al mio progetto da solista, decisi di inserirmi in una band, facendo l’interprete.
Era un modo per sperimentare, crescere, avere nuovi stimoli, fare esperienza e gavetta.
Le canzoni dei Viceversa erano scritte da Cristiano, uno dei chitarristi e fondatore del progetto, al quale piacque sin dall’inizio il mio modo di cantare e interpretare i suoi brani.
La ricordo come un’esperienza ultra positiva, ma non li sento da parecchio tempo.
Credo di essere l’unico a non aver mollato il sogno della musica. Li saluto e mando loro un abbraccio.»
Poi è iniziata la tua carriera da solista e hai iniziato a ricevere i primi riconoscimenti. Essendo un artista emergente e non una leva del talent, quanto è stato difficile farti conoscere e apprezzare dal pubblico con le tue sole forze?
«Qui si dovrebbe aprire una parentesi gigantesca, ma cercherò di sintetizzare il più possibile.
La carriera da solista, iniziata prima dei Viceversa, faceva fatica a spiccare e, ancora adesso, non vi nego che sia faticosissimo, ma penso che seminare e seminare bene, a lungo andare, porti i suoi frutti.
Così, dopo tanti anni di duro lavoro, sacrifici e tanta bellezza, sono arrivati i primi riconoscimenti senza l’ausilio dei talent: per citare giusto gli ultimi, ho preso il Premio Branca (qualità e originalità) al Premio Roma Videoclip 2018 con “I mali che non vuoi” e sono uno dei 30 semifinalisti del Premio Fabrizio De Andrè che si terrà dal 6 a al 9 Febbraio a Sanremo.
Quindi mucha mierda a me!»
Oggi come definiresti la tua musica?
«La definirei libera, vera e autentica. Non segue le mode indie, molto radical chic. Non segue nulla, se non la voglia di dire quello che desidero, come lo desidero, nel momento in cui lo desidero.
Mi descrive pienamente, mi calza perfettamente, mi somiglia come un figlio somiglia ai propri genitori. Sono fiero di lei, di me e di tutta la mia squadra di lavoro.
Per adesso sono indipendente, ma questo mi dà grande spazio di movimento, di libertà, di decisione, anche se ovviamente è molto più complesso sotto tanti altri punti di vista.»
A Marzo uscirà Poesia, il tuo nuovo singolo: cosa dobbiamo aspettarci? Puoi anticiparci qualcosa?
«Poesia è un singolo in cui credo ci si possa rispecchiare totalmente. È una canzone molto intima, riflessiva e il videoclip è straordinario.
Credo, senza esagerare, che sia il mio videoclip migliore fino ad oggi, sia per la sceneggiatura che per l’impatto emotivo e realmente poetico della storia.
Si percepisce un altro step di crescita artistica mia e di tutta la squadra. Esce l’8 Marzo 2019 per la regia di Daniele Barbiero.»
E poi? Cosa succederà?
«Poi non lo so, davvero.
In questo momento stiamo lavorando su varie cose, a partire dai live e da altri singoli. Essendo un progetto indipendente è tutto in divenire.
Ogni sassolino si somma all’altro e diventa sempre più forte e grande, grazie anche all’enorme sostegno che ricevo da tante persone, dentro e fuori dai social.
Conservo nel mio cellulare, un album con tutti gli screen dei messaggi che mi arrivano e, quando ne ho bisogno, soprattutto nei momenti di difficoltà e debolezza, li leggo e mi ricordo quanto sia importante per me e per loro che io continui, che non molli.»
Negli anni precedenti hai studiato doppiaggio e hai conseguito una laurea in comunicazione, un master di musica e un corso europeo per organizzatore eventi dello spettacolo. Quali sono i prossimi traguardi che vorrai raggiungere?
«Non mi precludo alcuna possibilità nella vita e adoro la sua imprevedibilità, quindi spero di fare tantissime cose ed incontrare tanti nuovi traguardi, persone, passioni, sogni.
Sono una persona molto attiva e mi piace l’idea che domani possa ritrovarmi a fare una cosa meravigliosa che non mi sarei mai aspettato di fare.
Per adesso, punto solo al secondo disco che includerà, oltre 3-4 nuove canzoni, i nuovi singoli usciti dal 2017 ad oggi: Impronte, Un bacio in più, Fuoco, Vivo, La bellezza, I mali che non vuoi (anche nella sua versione spagnola, Los male qui no quieres) e Poesia.»
Qual è il valore aggiunto che un musicista deve possedere per poter far bene questo mestiere?
«Credo che, oggi più che mai, se si desidera davvero fare musica, bisogna essere autentici e veri. Non bisogna aver paura di essere se stessi e di mostrarsi senza filtri.
Vedo tantissimi artisti che cominciano ad avere successo e sono tentativi di copiatura di artisti come Calcutta, Motta, The Giornalisti, giusto per fare qualche esempio. Imitano quel modo sonoro, armonico e melodico e anche quella modalità canora perché va di moda. Punto.
Magari il fruitore medio non se ne accorge ma io, come tanti altri colleghi e addetti, notiamo la forzatura.
Ecco, io credo che l’autenticità, in un modo o nell’altro ripaghi. Poi se l’obiettivo di una persona non è l’arte pura ma la notorietà e il denaro, allora è tutta un’altra storia.
Il mio successo più grande è il bimbo che canta la mia canzone e sorride, il messaggio di una ragazza che mi dice che la mia voce la fa stare bene, il ragazzo che si emoziona, le persone sotto palco al concerto e i loro applausi sentiti. Questo e basta.
La notorietà potrebbe o meno essere una conseguenza, ma non deve essere la meta o il significato del proprio successo.
Io cerco l’arte, soffrendo come un pazzo, con i miei momenti di caduta libera e quelli di ascesa in voli pindarici. L’arte, la mia arte, la mia musica rappresenta la mia beatitudine e la mia condanna, ma sono felice così perché mi fa stare bene esprimermi attraverso la sua poesia e il suo profondo legame col cosmo e con l’umanità.»
Secondo te la musica emergente ha ancora futuro?
«Vedo molto movimento rispetto agli anni precedenti, molto fermento e questo non può che darmi energia positiva.
Fino a qualche anno fa, se non facevi Sanremo, XFactor o Amici non esistevi. Oggi, invece, si sta smuovendo molto dal basso. Gli artisti citati in precedenza, per esempio, sono usciti senza talent, ma potrei farvi altri mille nomi e questo è bello. La gente comincia a riascoltare i testi e i contenuti.»
Che consiglio daresti ai giovani che, come te, vorrebbero avvicinarsi a questo mondo?
«Preferirei ricevere consigli piuttosto che darli, però sicuramente direi di inseguire un sogno solo se lo sentono visceralmente, se sentono di essere capaci di sopportare tantissime sconfitte senza farsi mai abbattere e se sono pronti a sacrificare tutto per il proprio sogno.
Se la risposta a tutti questi se è sì, allora fatelo, fatelo, fatelo e non mollate. Mostrate sempre la vostra verità. Le persone preferiranno sempre un vero stronzo che un falso buono. Siate voi stessi, sempre e comunque, pur cercando di lavorare e di migliorare sempre, riconoscendo limiti e debolezze Amate e donatevi al mondo e agli altri.»
Giuliano Crupi, classe ’86, si avvicina alla musica sin da piccolissimo.
In età adolescenziale studia canto con Gabriella Scalise e chitarra con Alex Massari e, all’età di 16 anni, comincia a scrivere le sue prime canzoni autoproducendosi e mettendosi, fin da subito, in mostra tra concorsi canori, provini, live.
Mentre studia, laureandosi in comunicazione, facendo un master di musica e un corso europeo per organizzatore eventi dello spettacolo, fa tantissimi lavori per portare avanti il proprio sogno.
Contemporaneamente decide di variegare la sua gavetta artistica, diventando il front-man dei Viceversa con cui si esibirà in molti live, continuando pur sempre a portare avanti il suo progetto da solista.
Arriva finalista con le proprie canzoni a diversi concorsi canori, ricevendo alcuni riconoscimenti tra cui il Premio Miglior Canzone a Voci di Roma, il Premio Della Critica allo Stranger Music Awards (di cui sarà membro della giuria l’anno seguente) e il Premio Fantasia Garbatella alla XIV Edizione Festa della Cultura.
Nel frattempo studia doppiaggio con Teo Bellia e collabora con il Teatro Piccolo di Pietralata in due spettacoli in cui recita e canta sia le proprie canzoni che alcune cover.
Scrive la canzone “Per colpa di chi” per la web series Youtubers presentata al RomaFictionFest.
Durante il Master of Music incontra il suo attuale produttore (docente del Master) Maurizio Filardo. L’incontro è decisivo perché decidono di collaborare, arrivando alla realizzazione dell’album “Possibilmente guardo il cielo”, uscito il 28 Settembre 2015 in tutti gli stores digitali, lanciato dal singolo “Merito più di te” feat. Lucci Brokenspeakers e anticipato dall’uscita del singolo “La principessa e il rospo”.
A Dicembre 2016 si esibisce, in duo acustico con Giancarlo Capo, al concerto di raccolta fondi per i terremotati, “Uniti per Amatrice”, presso la Croce Rossa Italiana. Contemporaneamente, decide di cambiare squadra di produzione artistica per portare avanti la propria idea di autenticità e il 3 Marzo 2017, in anteprima per Tgcom24, pubblica “Impronte”, il primo singolo del suo nuovo progetto musicale in divenire.
Ad oggi ha all’attivo molte canzoni e, il 5 Ottobre 2018, ha pubblicato il nuovo singolo “I mali che non vuoi”, regia di Daniele Barbiero, con cui arriverà finalista al Premio Roma Videoclip 2018.
Il 07 Ottobre presenta, a Spaghetti Unplugged, “Los Maques no Quieres”, versione spagnola in lizza per il prestigioso Festival de Vina del Mar in Cile.
Il 2 Dicembre canta con Officine Buone nel reparto oncologia pediatrica dell’Ospedale Gemelli di Roma.
Il 7 Dicembre vince il Premio Branca per originalità e qualità al Premio Roma Videoclip 2018 con il video de “I Mali Che Non Vuoi”.
Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.
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