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Artisti Emergenti

Intervista esclusiva a Pop Véronique per il nuovo album “Gala”
Intervista Pop Véronique

Intervista esclusiva a Pop Véronique per il nuovo album “Gala”

Dopo aver conosciuto Arianna Chiara (cliccate qui per rileggere l’intervista), oggi vi presentiamo i Pop Véronique, reduci dalla pubblicazione di “Gala”, il loro nuovo album. Conosceteli meglio nella nostra intervista!

Piccolo collettivo bolognese che, attraverso una scrittura calda e rotonda, trova il suo habitat naturale nella costruzione minuziosa del refrain a tinte pastello.

 

“Gala”, che arriva dopo una manciata di singoli apripista, è un disco sincero, alla ricerca spasmodica della melodia sognante, 10 piccoli racconti di musica moderna, canzoni semplici in atmosfere familiari.

 

La voce di Velluto, che accoglie un ascolto poetico e leggero, l’incontro delle due voci, spesso simbiotiche e all’unisono, i suoni da vecchia e nuova scuola che si fondono nella semplicità di canzoni quotidiane, fanno di “Gala” un piccolo viaggio da intraprendere dall’inizio alla fine, dove non ci sono soste forzate ma solo piccole oasi.

 

I Pop Véronique sono:

  • Velluto: voce
  • Marco: voce e chitarre
  • SWC: audio/video
  • Collettivo Yoga Integrale: produzione
  • Sciamano Tonelli: batterie acustiche
Ciao ragazzi, presentatevi ai nostri lettori.

«Siamo un collettivo di quattro persone, che nasce e collabora tra Bologna e Brescia. Alessandra a moniker “Velluto” voce narrante, “Yoga Integrale” che si occupa della produzione e voce maschile, Marco alle chitarre e SIlvia alla parte multimediale.»

 

Come e quando nasce “Pop Véronique”, il vostro collettivo? E perché la scelta di questo nome d’arte?

«Pop Véronique nasce un paio d’anni fa, anzi qualcosa di più, ed è una sorta di ponte digitale tra Bologna e Brescia, dato che ci scambiamo file e provini, bozze di brani, per poi concretizzare la stesura delle canzoni.

Il nome? Può sembrare strano, ma è un pò casuale come scelta: ci piaceva legare all’idioma pop, genere che abbiamo abbracciato, un suono francese. Non ha un vero e proprio significato di per sé, ci piaceva prettamente il suono delle due parole unite.»

 

La scrittura calda e rotonda, i suoni che si fondono nella semplicità di canzoni quotidiane…sono tratti distintivi che fanno di voi un gruppo amalgamato e coeso. È stato semplice trovare la quadra e creare, di conseguenza, un’identità ben definita?

«Mi viene da rispondere affermativamente: è filato via tutto liscio, in maniera spontanea e sincera, e siamo molto soddisfatti del risultato.»

È uscito da poco “Gala”, il vostro nuovo disco di inediti. Raccontateci un po’ la genesi di questo progetto.

«Ricollegandomi alla domanda precedente, abbiamo imbastito un pò di brani, partendo sempre da un canovaccio primordiale, per poi stratificare gli arrangiamenti man mano, scambiandoci i file “a distanza”, raggiungendo, quindi, numericamente parlando, una sorta di raccolta definitiva, fatta di dieci canzoni appunto.»

 

L’album si apre con “Gerico”, un brano pop caratterizzato da un ritornello dritto ed una batteria diretta che creano un sound irresistibile. Com’è nata l’idea di inserire questa canzone in apertura?

«Un pò per le peculiarità che hai elencato, quindi un ritornello diretto, che arriva al dunque. Ci sembrava il brano giusto per rompere il ghiaccio. So che, oggi, è difficile che l’ascolto sia complessivo, però se qualcuno volesse gustarsi “Gala” nella sua interezza, dall’inizio alla fine, direi che “Gerico” è il brano adatto per cominciare.»

 

Chi è la vostra “grammatica che parla di un cuore nero, che salva le anime, rinchiuse romantiche”, citata in Helsinki?

«È una grammatica semplice, fatta di piccole cose artigianali come la musica che ci piace fare.»

La quinta traccia è “Stile Migliore”, uno dei brani più solari in cui gli accordi si incontrano con l’attitudine garage e delle chitarre. Una scelta voluta quella di inserirla a metà disco? Presumiamo per creare maggiore dinamicità…

«Sì, grazie per averlo notato. Pur rimanendo in zona, è un brano abbastanza diverso dal resto del malloppo, con accordi meno minoreggianti e più solari, quindi ci piaceva posizionarlo circa a metà strada.»

 

“Non scordare mai che ridere in fondo fa un po’ piangere”: un ossimoro o una presa di coscienza?

«Direi presa di coscienza in senso positivo.»

 

L’album si chiude con “Abitudini mancine”, in cui citate la frase «rivoglio un sogno nel cassetto che calza a pennello». Qual è il vostro sogno più grande?

«Siamo un piccolo collettivo appassionato di musica in primis: riuscire ad arrivare a tante persone non ci dispiacerebbe affatto, potrebbe essere un sogno, ma non un’ossessione. Semplicemente ci farebbe piacere.»

In un’epoca streaming fatta prettamente da singoli, quanto è importante la pubblicazione di un intero album?

«Anche noi abbiamo iniziato con dei singoli, ma, ad un certo momento, ci piaceva il fatto di mettere un punto a questo primo slot di brani, quindi farli convivere sotto un unico tetto.»

 

Avete già in programma un tour in cui sarà possibile ascoltare il disco dal vivo?

«Diciamo che ci stiamo organizzando: stiamo cercando di capire anche il modo migliore per vestire al meglio queste canzoni nella dimensione live.»

 

Se per descrivervi a una persona che non vi conosce ancora doveste scegliere un vostro brano, quale scegliereste e perché?

«Personalmente, se me lo concedi, ne sceglierei due, sicuramente agli antipodi: “Alfabeto Morse”, brano diretto, algido e scattante, e la succitata “Abitudini Mancine”, ballata crepuscolare e malinconica. L’esatto opposto, le due facce della medaglia della nostra musica.»

Scritto da: Rosaria Vecchio

Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.

Scritto da: Rosaria Vecchio

Rosaria Vecchio, creatrice di Pillole di Musica Pop, un piccolo spazio per gli amanti del pop, dove poter parlare di musica a 360°, senza particolari limiti o censure.

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